Il mondo della psicologia scientifica, in generale, è diviso tra chi rifugge totalmente concetti come “paranormale“, “chiaroveggenza“, “premonizioni” e chi non vede l’ora di dimostrare scientificamente che queste cose invece esistono e non hanno nulla di “anormale”. In questo caso si ritiene addirittura di aver fornito prova concreta che il nostro sistema cognitivo è influenzato non solo da cause nel passato (quelle, cioè, che vengono solitamente studiate negli esperimenti di psicologia cognitiva per capire come funzionano i nostri processi mentali), ma anche da quelle che devono ancora palesarsi, sarebbe a dire eventi nel futuro.
Proprio per questo, lo studio scientifico del prof. Daryl Bem, della prestigiosa Cornell University, nello stato di New York, USA, ha tutta l’aria di essere una miccia che scatenerà grandi reazioni nel mondo scientifico. Il suo articolo “Feeling the Future“ (la bozza è scaricabile cliccando qui) è stato accettato solo dopo un difficile processo di revisione da parte dei reviewers della famosa rivista specializzata Journal of Personality and Social Psychology. Di fronte alla scientificità del lavoro di Bem e colleghi però, hanno infine accettato di pubblicare il lavoro, mettendo da parte i loro pregiudizi, pur se tra mille dubbi. Charles Judd, responsabile editoriale del Journal, sottolinea però che il numero della rivista ove sarà pubblicato l’articolo di Bem conterrà un editoriale volto a sollevare dubbi nella comunità scientifica e, spera, indurrà molti ricercatori a tentare di replicare i dati del gruppo della Cornell University, per verificare la genuinità e la replicabilità dei risultati da loro trovati.
Tali risultati mostrano, attraverso 9 esperimenti, come le persone (specialmente quelle con un’alto punteggio al fattore “estroversione” nelle scale psicologiche dei tratti di personalità) siano sensibili a manipolazioni “retroattive” allo stesso modo in cui risultano suscettibili a quelle utilizzate solitamente nei tipici paradigmi
sperimentali della ricerca in psicologia cognitiva.
Uno di questi 9 esperimenti, ad esempio, riguarda il priming affettivo. Nella versione classica di questoindiscusso effetto, viene prima presentata una parola connotata emotivamente (ad esempio, “brutto” o “bello”) seguita velocemente da un’immagine, anch’essa positiva o negativa. Il compito richiesto al soggetto è quello di indicare il più velocemente possibile se l’immagine presentata per pochi millisecondi era positiva o negativa: il tipico risultato ottenuto è che quando la parola presentata (definitaprime) ha la stessa connotazione dell’immagine (ad esempio “buono” e un’immagine piacevole), le persone impiegano molto meno tempo a rispondere. Viceversa, se la parola è, ad esempio, negativa e l’immagine positiva, i tempi di risposta sono maggiori.
Nello studio di Bem e colleghi l’ordine degli stimoli è stato completamente invertito: prima è stata presentata l’immagine-target e dopo la parola prime. Incredibilmente, gli autori dello studio hanno ottenuto un effetto-priming superiore al 50% nonostante la parola prime, che dovrebbe influenzare l’immagine, sia stata presentata dopo l’immagine stessa.
Ovviamente, in questo caso, la replica dei risultati da parte di altri gruppi, che non siano vicini a Bem e colleghi, è d’obbligo prima di accettare questi dati senza riserve.
Fonte: repubblica.it / Foto: media NF
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