giovedì 21 ottobre 2010

Ken il guerriero: non un semplice manga ma un'opera filosofica


di Andrea Curreli
Alla fine del ventesimo secolo la Terra è una landa desertica che ha perduto
ogni conoscenza tecnologica e dove i sopravvissuti alla guerra nucleare cercano
di non morire in una società anarchica e violenta. In questo scenario apocalittico
sorge il mito di Kenshiro, un eroe di china con le sembianze di Sylvester Stallone,
che si contrappone attraverso la conoscenza delle arti marziali alle mire dittatoriali di Raoul.
Prendendo spunto dal celebre Mad Max cinematografico e seguendo il viaggio intrapreso
da Hayao Miyazaki con il suo Conan il ragazzo del futuro, Tetsuo Hara e Buronson diedero
vita nel 1983 al manga Ken il guerriero. Un successo planetario che ancora oggi, a distanza
di quasi trent'anni, resiste e si rinnova. Non è un caso che puntate inedite del cartone
nipponico arrivino oggi sul piccolo schermo italiano e che i videogiochi di Kenshiro
siano molto amati. Il segreto di questo successo risiede nel fatto che Ken il guerriero può
essere considerato una "opera filosofica" come ritiene Andrea Destro, 34enne "ragazzo padre"
(il libro è dedicato alla piccola Giada) ma soprattutto giornalista, ex direttore artistico
della Free-Books e grande conoscitore del fumetto orientale. Destro a Kenshiro ha dedicato
un intero libro intitolato Hokuto no Ken (titolo originale della serie ndr) edito dalla Iacobelli
all'interno della collana "Japan Files".
Andrea Destro come nasce il mito di Ken il guerriero?
"La nascita risale al lontano 1983. In quegli anni andavano molto di moda nel cinema
americano le storie apocalittiche. Era ricorrente il tema della fine del mondo: ci si interrogava
sull’utilizzo della bomba atomica e si temeva l’impatto della Terra con un meteorite.
Storie a metà tra la fantascienza e il reale timore per il quadro politico internazionale.
Questa visione si riflette anche nel mondo dei manga basta citare Nausicaa della Valle
del Vento e Conan il ragazzo del futuro di Hayao Miyazaki. In questo quadro si inserisce
anche Seikimatsu Kyuseishu Densetsu: Hokuto no Ken meglio conosciuto in Italia come
Ken il guerriero. La saga di Buronson e Tetsuo Hara è iniziata nel cartaceo nel 1983 ed è
approdata nel piccolo schermo nel 1986. Nonostante siano passati quasi trent’anni il mito
di Ken il guerriero non conosce crisi".
Il manga è figlio dell’incubo di un conflitto nucleare e della Guerra fredda ancora
in corso, un quadro socio-politico molto differente da quello di oggi.
"C’erano promesse di disarmo da parte dei leader delle superpotenze mondiali, ma c’era anche
bisogno di uno spauracchio per il popolo. C’era la necessità di immaginare il futuro della Terra
dopo una guerra atomica in un ipotetico terzo conflitto mondiale. Le prime due guerre mondiali
sono state essenzialmente guerre di uomini anche se nel secondo conflitto con l’ingresso degli
armamenti americani il quadro era già notevolmente mutato. La Terza guerra mondiale sarebbe
stata combattuta invece solo dalle macchine. La serie di Hokuto No Ken si apre con immagini di
esplosioni in varie parti del pianeta e mostra cosa è rimasto dopo il conflitto: una società senza
la tecnologia. Ciò che scompare è quello che l’uomo ha costruito in questi anni".
Arriviamo all'importanza riservata alle arti marziali nel manga.
"Nel fumetto giapponese, a differenza di quello europeo, le arti marziali hanno un notevole peso.
Manga comeTiger Mask , in Italia conosciuto come L’Uomo Tigre, e Judo Boy portavano avanti
una filosofia secondo la quale a volte le situazioni possono essere risolte tramite un percorso spirituale.
Hokuto no Ken si inserisce in questo quadro dove la tecnologia e quindi quel volere dell’uomo
di superare i propri limiti con la mente, viene superato sia attraverso la fisicità delle arti marziali
che con un percorso psicologico e filosofico. Le facoltà mentali anziché essere utilizzate per creare
dei nuovi macchinari mortali vengono usate, attraverso la arti marziali, per ridare la speranza.
E questo è il messaggio di Hokuto no Ken".
Il manga ha contribuito al successo che le arti marziali hanno avuto in Europa in
quegli anni?
“Qualche tempo fa ho letto un’intervista ad alcune pallavoliste di serie A nella quale dichiaravano
di aver iniziato a praticare il volley perché da bambine erano appassionate di Attack Number 1
conosciuta come Mimì e la nazionale di pallavolo e di Attacker YOU! ovvero Mila & Shiro, due
cuori nella pallavolo. Come le ragazze sono state spronate a inseguire il sogno della pallavolo
da questi due cartoni animati, così attraverso le vicende di Kenshiro tanti ragazzi sono stati
invogliati a imparare una nuova filosofia così diversa dal nostro impianto occidentale. Io per
primo cerco di instradare alla pallavolo mia figlia Giada, che ha tre anni, attraverso i cartoni animati".
Altra caratteristica di Hokuto no Ken è la violenza.
"E’ innegabile che sia un cartone animato molto violento perché ci sono spruzzi di sangue in ogni
episodio. Ma si può notare come ci si soffermi molto sui pensieri di Kenshiro. L’eroe si domanda
sempre se quello che sta facendo è giusto oppure no. La sua azione è spesso motivata dalla
necessità del cambiamento e questo è parte della filosofia delle arti marziali. E’ evidente poi il
richiamo al Bushido, il codice del samurai, che Kenshiro porta avanti di puntata in puntata.
Questo è evidente nella contrapposizione con il personaggio di Raoul".
In che senso?
"Kenshiro porta avanti un ideale di pace e di speranza perché ritiene che, nonostante quello
che ha fatto l’uomo, sia ancora possibile risollevarsi. Raoul invece usa le arti marziali come
mezzo per instaurare una dittatura. In questo personaggio non c’è cambiamento rispetto
al passato perché utilizza la sua forza per minacciare le genti esattamente come prima veniva
utilizzata la bomba atomica. In sintesi rappresenta il passato che ritorna per contrapporsi al
nuovo che avanza. Questo scontro avviene attraverso un codice d’onore basti pensare agli
scontri uno contro uno, oppure tra i vari maestri".

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